Onorevoli Colleghi! - Il sistema delle piccole e medie imprese è in pericolo: botteghe artigiane che chiudono i battenti, piccoli negozi di quartiere che ammainano le insegne, storiche attività imprenditoriali che non tengono il passo della concorrenza delle grandi aziende multinazionali.
      Il sistema delle piccole e medie imprese continua comunque a essere l'asse portante dello sviluppo economico nazionale.
      Si rende pertanto necessario a nostro avviso un intervento legislativo volto ad ottenere un riequilibrio dell'attuale assetto competitivo, il quale risulta ora sbilanciato a danno delle piccole e medie imprese. In una logica che sia concorrenziale piuttosto che assistenzialista, tale intervento dovrà non già erigere anacronistiche barriere anticompetitive o disegnare soffocanti vincoli che creino rendite di posizione tali da favorire l'una o l'altra delle varie categorie imprenditoriali, né - infine - dovrà promettere impossibili e inefficaci finanziamenti «a pioggia» rivolti a un'indistinta platea

 

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di beneficiari, a prescindere da qualsivoglia loro merito o iniziativa.
      Si tratta, invece, di incentivare condotte imprenditoriali e concorrenziali quali, appunto, il sostenimento di spese promozionali. Tali spese, infatti, sono quelle idonee a permettere alle imprese più valide di proporre se stesse ed i propri beni e servizi all'attenzione della clientela potenziale, sia di quella professionale (altre imprese, professionisti, eccetera) sia di quella non professionale (consumatori). L'esperienza insegna che una seria promozione è spesso difficile per piccole imprese - pure tecnicamente valide - perché le ridotte dimensioni aziendali e di bilancio non permettono spesso di raggiungere una soglia minima, o massa critica, idonea a sfruttare taluni canali comunicativi, e pertanto si perpetua una sorta di circolo vizioso che non è superabile neppure mediante l'accesso al credito, giacché la concessione di fidi - in varie forme tecniche - è a sua volta strettamente correlata alle garanzie patrimoniali piuttosto che alle prospettive reddituali, e pertanto può non risultare di ammontare sufficiente a risolvere il problema.
      Si pensi, per fare un esempio concreto, a tante aziende artigianali di sartoria, piccole e piccolissime, i cui prodotti sono fantasiosi e tecnicamente impeccabili e reggono il confronto con i grandi del settore. Queste aziende trovano molto o troppo oneroso partecipare a una sfilata in Germania, dove magari potrebbero raccogliere degli ordini, o pianificare una campagna pubblicitaria di durata e ampiezza sufficienti e risultano dunque costrette a contare principalmente sul passaparola dei clienti soddisfatti per acquisire nuovi ordini. È evidente che, in casi come questo, la concorrenza risulta di fatto diminuita, anche a detrimento del consumatore il quale potrebbe ben avvantaggiarsi della scelta fra una platea più ampia di imprenditori.
      La presente proposta di legge, coerentemente con l'impostazione seguita in molte delle più recenti leggi di incentivazione dello Stato e delle regioni, è così articolata: la legge statale fissa i criteri fondamentali, lo stanziamento economico, i limiti anche di fonte europea: insomma, ciò che è destinato ad essere durevole per dare certezze agli operatori economici e per permettere un confronto al Parlamento. Un decreto ministeriale, di natura subordinata alla legge, specifica i dettagli necessari per la concreta operatività della legge stessa. Tale decreto può infatti essere modificato, se le circostanze lo richiedono con più celerità e flessibilità dello strumento legislativo e attribuisce alla struttura competente importanti facoltà decisionali, giacché sarà poi questa stessa struttura che dovrà - nel concreto - applicare la legge. Infine, annualmente, un avviso indica le date di presentazione delle domande di incentivazione.
      Particolare attenzione è posta al rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato alle imprese. In particolare, si segnala che il ricorso al regime de minimis consente alla norma di essere immediatamente operativa, senza dover effettuare la notifica alla Commissione europea ai sensi dell'articolo 88 del Trattato sull'Unione europea ed attenderne l'autorizzazione, un processo che, pure necessario alla tutela della concorrenza a livello europeo, è tuttavia talvolta troppo lungo per interventi che abbisognano di celerità attuativa. D'altronde i limiti dei finanziamenti de minimis (100.000 euro in tre anni) risultano perfettamente compatibili tanto con le finalità della proposta di legge quanto con le presenti condizioni macroeconomiche.
      È prevista la possibilità di raccordi con le regioni, tanto in fase decisionale, prima della adozione del decreto ministeriale attuativo, quanto in fase operativa, mediante la possibilità, lasciata aperta al Ministero delle attività produttive, di avvalersi delle regioni e delle loro strutture per il funzionamento della incentivazione.
 

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